Ultrà napoletani sequestrano un treno, è caos

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  1. Mattyforever
     
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    Così il calcio finisce in cella

    Matarrese propone: «Prigioni anche dentro gli impianti sportivi»



    ALVARO MORETTI
    ROMA. S’è portato pure il pugile- poliziotto Carmine Russo
    per sferrare, dopo qualche carezza, il suo pugno duro sul muso del calcio. Una raffica di chiusure di curve ospiti e di gare da disputare per i soli abbonati, a partire dalla significativa Fiorentina-Bologna, oltre che dal ritrovato e attesissimo derby Livorno-Pisa (in B non capitava dal 1970-71): Maroni
    ribalta le precedenti decisioni dell’Osservatorio e del suo Casms e annuncia che l’ultima parola (sua per legge) sarà sempre dura di fronte a gare a rischio. Poco importa che la pletora di gare riservate agli abbonati, specie in provincia, si trasformeranno in gare aperte ai soli ultrà: a Livorno su 5600 abbonati, 3000 risiedono in curva. Ieri al Viminale, però, non solo sorrisi al tavolo della conferenza ministeriale: perché qualcuno ha capito bene dove si sta andando a parare e che segnale sia per le molte tifoserie ormai avviate verso il dialogo questo giro di vite che arriva da Napoli, da dove non arrivano invece arresti e denunce, ma anzi ricorsi al Tar e reportage stranieri in cui si parla di eccesso di reazione.

    ABETE, LINEA MORBIDA Abete ha deciso una linea morbida e non s’è adontato avendo compreso le ragioni di Maroni quando chiedeva maggiore coordinamento col giudice sportivo (pure lui avrebbe gradito una decisione presa il lunedì successivo ai fatti, non 8 giorni dopo). Il ministro Maroni presenta lo spot Stop alla violenza mandato in onda in tv, siti internet, stadi con suggestivo parallelismo tra buone (dribbling di Ibra, pallonetti di
    Rosina, autografi di Totti;
    «ma la prossima volta mettiamo anche Kaká », dice il ministro milanista) e cattive azioni (il vandalismo da stadio e stazione); mentre Matarrese improvvisa una difesa dell’autonomia del giudice sportivo, salvo poi sbandare sull’idea di mettere celle negli stadi italiani per completare l’opera di offuscamento dell’immagine di un movimento che stava rialzando la testa e che ripiomba nel divietismo post- Raciti.
    REVISIONISMO Contano i fatti: il contrordine di Maroni è completo e il primo elenco di divieti parte come una raffica. E’ una specie di malattia infettiva, se pure il prefetto di Palermo per il match contro la Roma (rischio basso) riduce il curvino giallorosso alla metà. Colpiscono le limitazioni di Fiorentina- Bologna: le autorità di polizia avevano incontrato gli ultrà per continuare il percorso virtuoso, quelle parole ora sono volate via. Di gare così a rischio ce ne sono decine in A, B e C. Difficile, ad esempio, sostenere che Inter-Milan, Roma- Lazio o Juve-Inter siano meno a rischio di Inter-Catania... «Diamo un segnale forte all’inizio per far capire quale è il prezzo da pagare in casi come quello di Napoli, anche se è stato un caso particolare: non c’è un eccesso di risposta - dice Maroni -, il divieto di trasferta è un paradigma che può valere per tutti. Io sono il responsabile nazionale dell’ordine pubblico e decido perché non voglio un calcio senza tifosi, ma un calcio senza violenti. E lo otterrò ». Spiega le frasi sul giudice sportivo: «Se uno decide per la chiusura delle curve a Napoli, l’ordine pubblico poi lo gestisco io?» Maroni ha provato ad addolcire la pillola per i delegittimati di Osservatorio e Casms: «Loro avevano definito a verbale che Inter-Catania era a rischio. Il prefetto di Milano s’è solo spinto un po’ più in là coi divieti. Nessuna smentita, ma l’ultima parola spetta a me».

    MATARRESE REAGISCE
    Nella melassa emerge Matarrese: «Le frasi sul giudice non devono essere un’invasione di campo pericolosa. Ognuno faccia quello che sa fare e Tosel
    quando decide sa cosa fa. Maroni - dice ironico rivolto al ministro - sorride, poi ci frega. Avevamo chiuso la stagione con risultati positivi, ora l’oltraggio dei fatti di Napoli e siamo daccapo, con presidenti sotto scorta per via degli ultrà e danni economici». Poi però deraglia: «Noi abbiamo delle leggi leggere che vanno cambiate. E se necessario, saremmo anche d’accordo nel mettere delle celle all’interno degli stadi per fermare subito chi commette reati, per poi effettuare il trasferimento nelle carceri». In cella, però, qui ci finisce di nuovo il calcio non i violenti come testimonia il caso Napoli.


    Abete: «Le celle no»

    Il presidente Figc: «Non andrei mai in uno stadio-prigione»
    La proposta di Matarrese crea uno scontro istituzionale
    La linea guida per il numero uno del calcio: «Si deve smilitarizzare, a questo servono gli steward. Il problema sono i delinquenti che si dicono tifosi»

    VERCELLI. A Giancarlo
    Abete l’idea di ricavare delle celle nella pancia degli stadi non piace proprio. Senza se e senza ma, il presidente federale è chiaro nello scandire la sua opposizione ad un progetto del genere: «Io non metterei mai piede in uno stadio, sapendo che al suo interno ci sono delle celle. In un posto così non ci porterei mia moglie, le mie figlie e non lo farei per tutto l’oro del mondo». Una frase che ci informa di due cose. La prima: Abete non condivide la proposta del presidente della Laga calcio, Antonio
    Matarrese («A meno che non si tratti di una provocazione, per aprire un dibattito su questi argomenti »). La seconda: il presidente federale è legato ad un ideale di stadio a misura di famiglia. La propria compresa.

    SMILITARIZZAZIONE
    Parlando al workshop “Valori per creare valore” - appuntamento inserito tra gli eventi celebrativi del Centenario del primo scudetto della Pro Vercelli - Abete ha spiegato le sue linee guida per gli stadi italiani del futuro. E non sono previste celle. «Gli indirizzi che abbiamo dato e stiamo dando vanno in senso contrario - spiega il numero uno della Figc -. Noi lavoriamo per una smilitarizzazione del calcio. La stessa introduzione degli
    steward e il loro ruolo all’interno degli impianti vanno in questo senso. Solo così le partite possono riacquistare una dimensione di festa». Il ricordo dell’Europeo in Austria e Svizzera, senza barriere e con i tifosi a pochi metri dai giocatori, è ancora vivo. Ma dopo la prima - distruttiva - giornata di campionato, appare come un miraggio di normalità.

    INCIDENTI LONTANI
    Guardando ai fatti più o meno recenti che hanno segnato il calcio italiano, le celle rischiano di diventare un deterrente poco efficace, quasi una semplice operazione di facciata. Tafferugli, risse, accoltellamenti per lo più avvengono fuori degli stadi, a volte a centinaia di chilometri di distanza dal luogo in cui si disputa la partita. Lo stesso presidente federale evoca l’omicidio di Gabriele
    Sandri: «Quando un colpo di pistola parte e attraversa l’autostrada, in casi del genere siamo completamente al di fuori dell’evento sportivo ». Si trovava in un autogrill anche Matteo Bagnaresi,
    quando lo scorso 30 marzo è stato travolto e ucciso da un pullman che cercava di sfuggire ad un’aggressione. In situazioni di guerriglia diffusa, in cui la violenza distruttiva (verso persone o cose) scatta nelle stazioni come ai caselli, le celle hanno il sapore di un palliativo capace di curare qualche sintomo, ma neppure i più gravi.

    ESORDIO La prima giornata della serie A il presidente l’ha guardata davanti alla televisione, «perché mi permette di seguire più campi contemporaneamente. Anche quando vado allo stadio, porto sempre con me una radiolina per sapere cosa succede in giro per l’Italia». Ma quante volte va allo stadio il numero uno del calcio azzurro? «A parte gli impegni della Nazionale, cerco di assistere ai derby e a tutte le sfide principali». Da San Siro all’Olimpico, passando per Torino, il presidente non accetta la criminalizzazione dell’intera categoria dei tifosi. All’estero, quando giocano gli azzurri, i nostri connazionali non sono certo etichettati come hooligans. «Il problema è che ci sono delinquenti che dicono di essere tifosi» conclude Abete. Ma restano delinquenti e si stanno prendendo il nostro calcio. O perlomeno gli stadi. Con o senza celle.



    De Laurentiis: «Rimango anche se sono arrabbiato»

    Incontro tra il patron azzurro e il sindaco Iervolino: si sono affrontati i problemi del San Paolo e i lavori da fare. Domani gli abbonati delle curve si sposteranno nel settore ospiti



    IERI il presidente Aurelio De Laurentiis e il sindaco di Napoli Rosa Iervolino si sono incontrati: «La chiusura dello stadio è una vergogna. Questa storia mi fa incavolare ma non la dò vinta a nessuno e non mollo: vado avanti» ha confessato il numero uno del club azzurro. Si è parlato anche della concessione del San Paolo e dei lavori che urgono per la sua messa a norma. Gli amministratori locali continuano a cavalcare l’idea di uno stadio nuovo. Per Napoli- Fiorentina di domani, sarà aperto il settore della tribuna laterale che di norma viene occupato dagli ospiti. Gli abbonati delle due curve squalificate dal giudice sportivo, non potranno accedere agli altri settori.

    UN ALTRO RICORSOLa riduzione della squalifica delle curve da 4 a 3 partite del San Paolo non basta al Napoli. E la conferma arriva dal legale del club, Mattia Grassani,
    che in un’intervista a Napoli Magazine conferma la volontà di presentare un altro ricorso alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato del Coni. «Questa è la ferma determinazione della società perché ci sono margini per agire spiega -. Siamo fortemente delusi, ma ripartiamo con slancio ». I tempi per il ricorso d’urgenza alla Cca «sono brevi e compressi, confidiamo che già per la fine di settembre, massimo per i primi di ottobre, possa essere discusso il tutto e si arrivi ad una sentenza definitiva ed equilibrata».

    AUTORITAS «Comportatevi bene per evitare di arrivare a situazioni che poi penalizzano tutti e non solo chi dovrebbe essere punito». Così si rivolge ai tifosi il cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, interpellato sulla chiusura delle curve del San Paolo. Una decisione che non convince il sindaco Iervolino, che interviene dopo la riduzione della squalifica: «È un contentino, non risolve il problema soprattutto di quelli che speravano di andare a vedere una partita e in modo sereno, cioè la maggioranza dei tifosi. La speranza, considerando l’aria severa che tira nei confronti del Napoli, è che domenica vada tutto liscio e quindi ci possa essere lo spiraglio per la soppressione dei provvedimenti».

    LIVORNO-PISA: CRITICHE DAL SINDACO «Il provvedimento di Maroni non mi pare né corretto né giusto. Colpisce non solo i tifosi e la società, ma anche tutta la città». Così il sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, commenta la decisione del ministro di vietare lo stadio ai tifosi del Pisa in occasione del derby del 20 settembre, e a tutti i tifosi livornesi che non avranno acquistato l’abbonamento per l’intera stagione. «Finora - prosegue Cosimi non abbiamo avuto comunicazione ufficiale: si comunicano certe scelte prima alla stampa che alle autorità di governo locali. Il ministro non tiene conto che abbiamo già cominciato a lavorare con la prefettura e con la questura per avere un derby che fosse una festa del calcio, e perché».


    tuttosport
     
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8 replies since 3/9/2008, 19:16   35 views
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